202209.15
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Corte di Cassazione Ordinanza n. 53/2022: la nullità del marchio costituito dalla forma del prodotto alimentare

Con la recente ordinanza n. 53 del 4.01.2022 la Corte di Cassazione ha negato la validità di un marchio di pasta costituito dalla mera indicazione delle caratteristiche del prodotto, in quanto ritenuto privo di capacità distintiva.

Nel caso in oggetto, la Corte d’Appello di Roma aveva confermato la decisione con cui il Tribunale di Roma aveva dichiarato la nullità del marchio “Spaghetto quadrato”, utilizzato da un noto pastificio per identificare un tipo di spaghetti a sezione non tonda, ma quadrata.

La società titolare del marchio ha, quindi, proposto ricorso avanti alla Suprema Corte contestando in primis il mancato riconoscimento del carattere della distintività, che, a suo dire, sarebbe consistito nell’identificazione in modo totalmente innovativo di un prodotto tradizionale, nonché, in subordine, la sopravvenuta capacità distintiva del marchio per effetto del suo uso (cosiddetto secondary meaning).

Nel respingere le argomentazioni della ricorrente la Corte ha richiamato il fondamentale principio secondo cui non possono essere registrati come marchi i segni che indicano semplici “caratteristiche del prodotto o servizio”, essendo mere “indicazioni descrittive”, sostanzialmente prive di carattere distintivo.

Con riferimento poi al tema del secondary meaning, i Giudici hanno evidenziato che questo si verifica ogni qual volta “un segno, originariamente sprovvisto di capacità distintiva per genericità, mera descrittività o mancanza di originalità, si trovi ad acquistare, in seguito, tali capacità, in conseguenza del consolidarsi del suo uso sul mercato”.  Quando questo avviene, l’ordinamento riconosce l’acquisizione “secondaria” del carattere distintivo, concedendo una sorta di convalida al segno.

In sostanza, quindi, un marchio originariamente privo di carattere distintivo, può divenire valido in un secondo momento, avendo acquisito tale requisito nel tempo grazie all’uso che ne è stato fatto.

Nel caso di specie, tuttavia, la ricorrente non è stata in grado di dimostrare che, per effetto dell’elevata diffusione commerciale del marchio, questo avrebbe raggiunto un livello di rinomanza tale da determinare nel mercato dei consumatori l’identificazione del prodotto contraddistinto dal marchio stesso, integrando così una fattispecie di secondarizzazione.