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Corte di Cassazione, sentenza n. 42609 del 10.11.2022: frode in commercio per violazione del disciplinare di produzione del Barolo DOCG

Con la recente sentenza n. 42609 del 10.11.2022, la Cassazione penale ha confermato la configurabilità del reato di frode in commercio in capo al produttore che detenga per la vendita, compiendo atti idonei alla consegna agli acquirenti, un ingente numero di bottiglie di vino etichettate come Barolo DOCG, sigillate e munite di contrassegno, con denominazione attribuita in violazione del disciplinare di produzione approvato don DPR del 1.07.1980, in quanto parte delle operazioni di vinificazione delle uve e di invecchiamento erano state effettuate in un comune non compreso nella zona riservata alla produzione di vino Barolo, anche se a soli 300 metri di distanza dalla stessa.

Nel caso di specie, il Tribunale aveva ritenuto che la produzione e commercializzazione del Barolo per le annate dal 2005 al 2012 fosse avvenuta presso uno stabilimento sito in Dogliani, dove era stata rinvenuta una ingente quantità di bottiglie confezionate con etichetta Barolo DOCG, in violazione dell’art. 6 del disciplinare di produzione, secondo cui “Le operazioni di vinificazione e di invecchiamento obbligatorio devono essere effettuate nella zona delimitata nell’art. 3”. Ai sensi dell’art. 3 del medesimo disciplinare tale zona comprende “l’intero territorio dei comuni di Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba ed in parte il territorio dei comuni di Monforte d’Alba, Novello, La Morra, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Cherasco e Roddi ricadenti nella provincia di Cuneo”.

Il giudice di 1° grado aveva fondato la propria decisione su una serie di parametri quali i consumi d’acqua, lo smaltimento delle acque reflue, la passatura dell’uva, lo smaltimento delle vinacce, acquisendo per ciascuno elementi probatori, documentali e testimoniali che confermavano la tesi secondo cui le uve raccolte nei vigneti di Monforte d’Alba erano state in parte trasportate nella cantina di Dogliani per le operazioni di vinificazione.

La Corte d’Appello, nel ribaltare la decisione del giudice, non aveva confutato le argomentazioni della sentenza di 1° grado e non le aveva nemmeno analizzate, né aveva, come si legge nella sentenza in oggetto “articolato un iter argomentativo logico-giuridico che si sia confrontato neppure genericamente con il percorso esperito dal giudice di prime cure”, senza, quindi, adeguatamente motivare sulle ragioni per cui avesse ritenuto che gli elementi oggettivi a carico risultassero superati da altrettanto pregnanti elementi a discarico.

Per tali motivi, la Corte di Cassazione cassava la sentenza della Corte territoriale con rinvio.