Corte di Cassazione, sent. 786/2022: la dicitura “Italy” sulle merci prodotte all’estero integra una fattispecie di “fallace indicazione” punibile ai sensi dell’art. 517 c.p.
Con la recente sentenza n. 786/2022, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui, in mancanza di indicazioni geografiche o etichette relative alla provenienza estera, la dicitura “Italy” impressa sulle merci importate ai fini della commercializzazione integra una fattispecie di reato punibile ai sensi dell’art. 517 c.p., realizzando un’ipotesi di “fallace indicazione”.
Nel caso di specie, il Tribunale di Trieste aveva ricondotto la condotta relativa all’indicazione della dicitura “Italy” su alcuni tubi prodotti da una società turca importati in Italia, alla fattispecie delittuosa di cui all’art. 4, comma 49, L. 350/2003, punibile ai sensi dell’art. 517 c.p.
La società importatrice si era opposta affermando che la condotta sopra descritta integrava, in realtà, un mero illecito amministrativo di cui al successivo comma 49-bis, in quanto la dicitura “Italy” impressa sui tubi non presentava alcun contenuto ingannevole e non costituiva, quindi, una fattispecie di natura delittuosa.
La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni della società rilevando che la dicitura “Italy” riportata sui tubi presentati in dogana non costituiva solamente un’indicazione imprecisa circa la provenienza del prodotto, ma induceva in termini decettivi il consumatore a ritenere che la produzione di tali beni fosse avvenuta in Italia.
Inoltre, per chiarire la differenza tra le condotte di rilievo penale e gli illeciti amministrativi previsti dall’art. 4 della L. 350/2003, i Giudici hanno richiamato il contenuto di una precedente sentenza della medesima sezione (n. 54521/2016), in cui veniva precisato che integra la condotta punibile, tra le altre cose, anche quella realizzata “mediante l’uso di segni figure e quant’altro che induca il consumatore a ritenere, anche in presenza dell’indicazione dell’origine o provenienza estera della merce, che il prodotto sia di origine italiana, trattandosi esemplificativamente dei casi in cui sul prodotto sono apposti segni e figure tali da oscurare, fisicamente e simbolicamente, l’etichetta relativa all’origine, rendendola di fatto poco visibile e non individuabile all’esito di un esame sommario del prodotto, realizzandosi in questo caso la fattispecie di “fallace indicazione”, punibile ai sensi dell’art. 517 c.p.”.
Nel caso di specie rilevava, peraltro, anche la totale assenza di alcun tipo di indicazione relativa alla provenienza estera delle merci, con la conseguenza che, secondo la Corte, la dicitura “Italy”, anche in assenza della precedente dicitura “made in”, non poteva avere altro fine se non quello di trarre in inganno i consumatori e configurava, quindi, una fattispecie penalmente rilevante di ingannevole richiamo alla produzione in Italia delle merci, punibile ai sensi dell’art. 517 c.p.